La fotografia come forma di capitale - Conquiste del Lavoro

2022-10-26 12:01:52 By : Mr. Bill Zhou

Il Mast (Manifatture di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) di Bologna in linea con la sua mission di “traid d’union tra l’industria e l’arte, tra la creatività tecnologica e quella artistica” (con un particolare interesse verso il mondo della fotografia, tanto da possedere un fondo di foto industriali tra i più grandi del mondo), presenta dal 22 settembre 2022 all’8 gennaio 2023 la mostra “Image Capital. La fotografia come tecnologia dell’informazione”. Non una semplice esposizione, ma un progetto-visivo di ricerca legato alla fotografia nei suoi diversi utilizzi pratici e nella sua funzione come tecnologia dell’infor mazione. Il progetto curato dal grande fotografo Armin Linke e dalla storica della fotografia Estelle Blaschke, ricercatrice dell’università di Basilea, nato dopo 4 anni di lavoro, vuole rappresentare, attraverso linguaggi diversi, il ruolo che l’imma gine ha avuto nella nostra società nei duecento anni della sua storia. Nata dall’idea di trasformare con l’aiuto di designers una performance (presentata nel 2018 dai due curatori al centro Pompidou di Parigi), in un percorso immersivo, la mostra dà al visitatore l’impressione di trovarsi all’interno di un paesaggio-giardino (le immagini infatti non sono mai appese alle pareti che fungono quasi da sculture) in cui muoversi come in un video game attraverso 6 livelli. La tipologia delle opere presenti è differenziata da allestimenti suggestivi e ripetuti nelle diverse sale. Le fotografie autoriali di grandi dimensioni sono tutte appoggiate su cornici in legno (smontabili, per rendere più agevole e meno oneroso l’imballaggio e il trasporto), i documenti di archivio sono posti in vetrine di vetro, mentre i testi didattici sono inseriti in bacheche orizzontali, dando al visitatore l’im pressione di entrare in un iper testo digitale per poter studiare le informazioni a cui si potrà accedere anche attraverso una piattaforma appositamente creata (Image-capitol. com), che si arricchirà di ulteriori materiali in itinere. Una mostra non della fotografia, ma sulla fotografia in cui la stessa è protagonista insieme a tanti altri linguaggi e materiali, dai testi di Estelle Blaschke, alle opere fotografiche, ai video e alle interviste di Armin, dai materiali di archivio alle foto con oggetti dell’epoca.

La fotografia non viene presa in esame solo dal punto di vista artistico ed estetico, come riproduzione di oggetti, ma anche come soggetto, nel suo diverso utilizzo all’interno dei processi di produzione in ambito industriale, culturale e scientifico come parte fondamentale di essi. A partire dalla seconda metà del Novecento, infatti le immagini fotografiche non si sono limitate ad essere una semplice riproduzione della realtà, ma sono diventate un vero e proprio “capi tale” per diversi settori produttivi, con ricadute di carattere economico e politico soprattutto per chi le possiede e le gestisce.

Usate inizialmente per ottimizzare i processi gestionali e amministrativi di aziende e istituzioni, con l’era del digitale sono diventate protagoniste di una vera e propria rivoluzione nel settore dell’in formazione e comunicazione, grazie ai loro innumerevoli e diversificati utilizzi. La mostra bolognese, quale progetto di ricerca, riesce a conciliare sapere scientifico e artistico, grazie alle diverse competenze messe a disposizione dai due curatori, portando il visitatore attraverso la bellezza a comprendere le dinamiche economiche e tecnologiche che si celano dietro il mondo dell’immagine fotografica. Una realtà che oggi è parte integrante del nostro vivere quotidiano e di cui spesso non si conoscono le sue implicazioni economiche. La fotografia, come suggerisce il sottotitolo “come tecnologia dell’infor mazione”, è analizzata come parte di un processo che sfrutta computer, software, hardware, strumenti digitali e macchine per memorizzare, per rintracciare e per trasmettere informazioni.

La mostra è suddivisa in sei sezioni (memory, access, protection, mining, imaging, currency), inclusivi di materiali diversi, esposti non cronologicamente, ma tematicamente come una sorta di approfondimenti, di casi studio, legati agli usi diversi della fotografia.

I grandi archivi, banche di immagini sono tra i primi protagonisti di questa mostra, a partire da quelli che in passato fungevano da raccolta di materiale fotografico cartaceo (schedari a cassettiera) agli schedari usati per conservare i microfilm, pellicola fotografica che ha funto da vettore di informazione, anello di congiunzione tra il cartaceo e la fotografia digitale, ai più recenti sistemi di archiviazione dati super digitalizzati. Quando si parla di archivi sono importanti anche i testi, meta-dati che permettono un immediato riconoscimento delle immagini e il loro utilizzo. Anche noi oggi ogni volta che entriamo in internet immettiamo delle parole.

Nelle fotografie ci sono diverse livelli di meta-dati, che vanno dai codici, didascalie, geodati, fino alle calligrafie degli archivisti. Il rapporto immagini-testi funge da leitmotiv della mostra, poiché senza informazioni scritte (testi) sarebbe impensabile poter gestire l’uni verso fotografico esistente.

Come dichiarava Francis Bello nel suo articolo “How to Cope with Information” pubblicato nel 1960 su “Fortune Magazine” “Già negli anni sessanta del Novecento, molti progetti prevedevano una combinazione di dati scritti in codice e riproduzione del documento su pellicola. Con la diffusione di codici sempre più sofisticati lo spazio all’interno della cornice è andato riempendosi progressivamente. La ricerca di tecniche sempre più efficienti per processare e immagazzinare le informazioni riflette il timore di essere sommersi da un presunto diluvio di informazioni.”

Sulla modalità di archiviazione, indicizzazione e reperimento delle immagini ci parla la seconda sezione della mostra “Access”. La terza sezione della mostra “protection” si riferisce alle strategie per la conservazione a lungo termine delle immagini e delle informazioni che contengono. Paul Otlet, pioniere della moderna scienza dell’informa -zione, preannunciò che in futuro i libri sarebbero stati pubblicati in forma fotografica.

Il microfilm fu allora promosso come strumento per preservare o addirittura sostituire gli originali riducendo gli spazi di archiviazione e i costi di produzione e l’accesso remoto a una quantità ingente di materiali prima non disponibili. Il suo uso avvenne in primo luogo nelle banche, poi nei diversi settori commerciali, per facilitare la gestione di grandi quantità di dati, e paradossalmente solo in un secondo momento nelle biblioteche. Nacque così il problema della conservazione a lungo termine dei dati archiviati per proteggerli dal danneggiamento dal rischi di perdita o di furto, problema a cui si trovò una soluzione con la creazione di sistemi e siti di archiviazione di massima sicurezza. Uno di questi luoghi è Iron Mountain, sito di stoccaggio sotterraneo di massima sicurezza (le cui immagini e documenti sono presenti in mostra), situato in una cava di calcare esausta in Pennsylvania occidentale, in cui lavorano oltre 2500 persone e a cui fanno riferimento ben 2300 clienti, con le loro foto, rulli di pellicole e documenti cartacei di valore.

La fotografia nei processi di riconoscimento e apprendimento automatico, il cosiddetto “machine learning” è un altro aspetto messo in luce dalla mostra nella quarta sezione “mining”. Basti pensare alle telecamere di riconoscimento facciale a cui normalmente siamo sottoposti negli aeroporti o stazioni. Gli Algoritmi che nutrono questi sistemi si basano su dataset di immagini che consentono di riconoscere le nostre figure con enormi quantità di immagini che stanno alle spalle di questi sistemi operativi. Un ulteriore spazio dell’allestimento è dedicato alla fotografia all’interno dei processi di produzione industriale: numerose macchine fotografiche sono integrate nei robot o nei corpi delle macchine industriali che guidano i processi produttivi o quantomeno le fasi di controllo della qualità. Un esempio in mostra attraverso alcune suggestive immagini di Armin è la produzione di un’azienda olandese di orchidee la “Ter Lake”, le cui piante vengono scansionate, fotografate 30 volte per vedere addirittura il numero di boccioli che hanno sui rami per poterne poi indirizzare rispetto al loro grado di maturazione e al loro valore sui mercati a seconda della stagione.

Oggi la computer vision è diffusa nei campi dell’ingegneria, dell’industria manifatturiera e dell’agraria. In mostra le immagini spettacolari di Armon Linke della serra di pomodori “Priva”, situata nei Paesi Bassi, usata anche come laboratorio per studiare l’uso dei robot per la raccolta automatica dei pomodori.

“Imaging” costituisce la quinta sezione della mostra, in cui la fotografia costituisce un sistema di visualizzazione della realtà o di un suo progetto, così come di processi che non possono essere percepiti dall’oc chio umano. Come strumento di visualizzazione (imaging) e registrazione, la fotografia ha avuto un ruolo essenziale per lo sviluppo scientifico. La fotografia digitale in particolare è lo strumento privilegiato quando sono necessarie grandi quantità di immagini, o big dati visivi, o per ottenere un’i mmagine più grande, come accade con la fotografia aerea, la cartografia e la registrazione/analisi degli eventi che coinvolgono le particelle in fisica. Un altro uso delle capacità di visualizzazione della fotografia sono le pratiche di rendering divenuti oggi la base di partenza per la progettazione e la produzione degli oggetti. Negli ultimi vent’anni la fotografia, d’altro canto, non è più il documento che certifica l’esistenza di un soggetto ma è uno strumento, un supporto di base per la progettazione della realtà del nostro futuro.

Fotografia come forma di capitale è rappresentata soprattutto dalla fotografia-valore (sesta sezione della mostra), come forma di valuta. Nel mondo digitale le immagini riconducibili a dati e a metadati sono diventati la merce di scambio del capitalismo informatico dove le fotografie sono sfruttate per più fini diversi. La fotografia non ha più un valore in sé ma in rapporto ai dati che essa genera.

Quello che diverrà la fotografia nel futuro con una realtà proiettata verso il metaverso non è possibile immaginarlo soprattutto se si pensa a cosa potrebbe accadere se solo una manciata di aziende potranno possedere e produrre un’e satta replica digitale del nostro mondo. In fondo già nel 1931 August Sander dichiarava “Non c’è sulla terra un linguaggio tanto universale quanto la fotografia (…). naturalmente bisogna avere chiaro se con questa si intenderà beneficiare la cultura o il mercato”. L’uso che in fondo di essa faremo dipenderà dalla nostra volontà.

“Image Capital. La fotografia come tecnologia dell’informazione”, Mast-Bologna, 22 settembre 2022-8 gennaio 2023.

ll Mast di Bologna presenta la mostra “Image Capital. La fotografia come tecnologia dell’informazione”

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